
Vite istantanee: le polaroid di Andrés Neuman scattate con la penna
Donna sposata, annoiata, con tanta voglia di uscire, cerco compagno divertente, bella presenza, non troppo alto, 45-55 anni, per mio marito.
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Donna single, imprenditrice, benestante, sicura di sé, cerca maschietto maturo da umiliare con vero affetto. Se ti piaccio, chiama tu, stronzo.
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Salve. Ho 63 anni. Sono appena morto. La sfortuna, lo stress, i geni. Che ci vuoi fare. Secondo i calcoli statali, mi mancavano 6 anni alla pensione. Sono preoccupato per questa morte prematura. Ma lo sono ancor di più perché ho lasciato un debito di alcuni anni di lavoro.
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Perché mi piace fare il morto?
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Sperimento l’unica, piccola, possibile forma di trascendenza. Sopravvivo a me stesso, mi sbarazzo della morte giocando. Entra in casa mio figlio. Riprenderò a respirare.
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Ho scoperto Andrés Neuman, autore argentino nato nel 1977, circa due anni fa. Allora usciva per Edizioni Sur Le cose che non facciamo, a oggi una delle più belle raccolte di racconti che abbia mai letto.
Avevo quindi grande curiosità per Vite istantanee, titolo di una serie di racconti brevi, a volte brevissimi, che Sur ha felicemente pensato di tradurre per il pubblico italiano.
Le storie che Neuman fotografa – azzeccatissimo il titolo Vite istantanee – stupiscono per la sintesi unita all’intensità che le caratterizza: è come se con una Polaroid, Neuman fosse in grado di descrivere un mondo, fatto sia di elementi oggettivi, concreti, che di sensazioni e aspetti immateriali.
Nella prima parte, L’appuntamento della vita, i personaggi che si alternano tra una storia e l’altra fanno un incontro che segna irrimediabilmente la loro esistenza – da episodi tutto sommato marginali, come la donna che ritrova in un negozio il giubbotto che aveva regalato al proprio marito e si convince che lui lo abbia rivenduto – al caso dei due amici che vengono aggrediti – a quello messo peggio viene amputato il braccio, e l’altro si tormenta così tanto per quello che è successo al suo amico, da amputarsi il proprio braccio a sua volta.
In Fare il morto si succedono dei personaggi che a volte assistono alla morte di un animale, altre la immaginano, altre ancora vivono la propria, di morte, e ce la descrivono. In tutti i casi, riescono a provare le sensazioni legate all’atto di morire e spesso lasciano il lettore di stucco per l’acume delle considerazioni che sono capaci di fare.
Riepilogo familiare ci catapulta in una serie di racconti molto diversi l’uno dall’altro, nei quali sappiamo che i protagonisti hanno un legame di sangue, ma spesso non è chiaro dove la storia andrà a parare, se non proprio alla fine – Neuman ha questa capacità di disvelamento finale che trovo davvero magistrale.
Nell’ultima sezione, Il discepolo, i personaggi fanno un lavoro che a conti fatti è molto diverso da quello che il “job title”, se così lo vogliamo chiamare, farebbe pensare, ed è impossibile non sorriderne, anche amaramente.
Non è semplice parlare di storie tanto diverse l’una dall’altra riducendole a un filo comune, anche perché una delle caratteristiche di Neuman è quella di essere estremamente sintetico, il che rende la recensione dei suoi scritti una sintesi della sintesi, cosa tutt’altro che banale.
Eppure Neuman, che come nel suo libro precedente dedica il suo ultimo capitolo a una serie di riflessioni sulla scrittura, sottolinea come il tratto saliente delle sue produzioni non sia tanto la lunghezza, quanto la struttura:
La narrazione parte da ciò che viene detto e continua con ciò che viene taciuto, che sono le vere decisioni prese dallo scrittore di racconti. In tal senso, il racconto aspira a una semplicità ermetica. È la forma che meglio sa tenere un segreto.
Più avanti, aggiunge:
… a connotare molti dei microracconti che ho letto, non è tanto la loro palese brevità ma piuttosto una certa reiterazione di determinati procedimenti: l’estrema compressione temporale, la radicale restrizione del punto di vista, una trama semplice come contenitore di uno stile complesso, la voce come unico fulcro del personaggio, le ellissi brusche, gli scorci linguistici al posto dello sviluppo narrativo, per citarne solo alcuni.
Rispetto a Le cose che non facciamo, questa raccolta mi ha stupito meno, probabilmente perché ero già arrivata alla conclusione che Neuman fosse uno scrittore di altissimo livello e quindi sapevo che cosa aspettarmi. Detto questo, confermo la mia opinione iniziale: si tratta di uno scrittore eccezionale, dotato di un acume che definirei matematico – ho sempre pensato che chi è dotato del genio matematico disponga di un’intelligenza superiore a quella di chi ha il genio letterario, perché a mio parere il primo contiene il secondo, e non viceversa. Non so se Neuman abbia una mente matematica, sta di fatto che personalmente continuo a considerarlo un autore di quelli inarrivabili: troppo, troppo, troppo bravo. E giusto per evitare di parafrasare riga per riga l’ultimo capitolo di questo libro – e, credetemi, la tentazione è fortissima – lasciatemi almeno citare una frase che riassume tutta questa raccolta:
Molti racconti brevi raggiungono decisamente l’orgasmo. Il racconto potrebbe ben essere il punto G della narrativa.
Caro Andrés, togliamolo pure, questo condizionale, e diciamo le cose come stanno: tu sai come far godere il lettore. Questa è una raccolta di orgasmi.
Nota a margine
Ringrazio Unilibro.it per avermi fornito questo libro. Unilibro è una libreria indipendente online, nata nel 1999 in provincia di Bologna come libreria universitaria, e poi cresciuta fino a diventare uno store culturale online a 360 gradi. Nonostante le sue dimensioni siano molto cresciute rispetto agli inizi, la sua gestione continua a essere familiare e indipendente. Se desiderate saperne di più su Unilibro, scoprire le novità in arrivo e riempire i vostri scaffali di libri, non vi resta che fare un giro su Unilibro.it. 😉