
Venuto da molto lontano
C’era una volta un pianeta, lontano lontano, in cui esistevano soltanto degli oggetti.
In questo pianeta viveva tutto ciò che gli esseri umani non volevano più: abiti dismessi, elettrodomestici fuori uso, lampadine consumate, bottiglie vuote…
Non si trattava, però, di una discarica: era semplicemente un mondo fatto di scarti. Tutte le cose che lo popolavano avevano già avuto un’esistenza precedente, sulla Terra, ma in un batter di ciglia avevano esaurito la loro funzione e i loro stessi creatori se ne erano disfatti senza pensarci due volte. Era nato così un universo parallelo, in cui tutte le cose che nessuno voleva più, magicamente prendevano forma, si univano, e volgevano a nuova vita.
Era un mondo che si popolava e si popolava, perché più gli esseri umani consumavano e buttavano, e più i pezzi si ricomponevano e si riproducevano. In questo mondo non c’erano alberi, la terra era arida e rocciosa e il cielo sempre grigio. Ciò nonostante, queste creature erano comunque contente della seconda chance che il destino aveva riservato loro e si impegnavano a tenere quello spoglio ambiente pulito e dignitoso.
Un giorno, però, gli uomini iniziarono a temere che se avessero esaurito tutte le cose sulla Terra, prima o poi sarebbero rimasti con un pugno di sabbia. Fu così che, seppure lentamente e non ovunque allo stesso modo, cominciarono a riciclare i materiali. E arrivarono a farlo a un punto tale che nel pianeta degli oggetti arrivavano sempre meno cose e, soprattutto, sempre meno “bambini”, che lì, trattandosi di oggetti, si chiamavano piccole cose: tutto ciò che veniva usato solo una volta, infatti, non veniva più gettato dagli umani come un tempo. Per questo, il piccolo Solo non aveva neanche un amico.
“Ricordi com’era bello stare a tavola tutti assieme”, diceva una bottiglia di vetro a una scarpa vecchia.
“Beh, io a dir la verità stavo sotto il tavolo e non sopra”, rispondeva quella. “Però anche da lì ne ho visto di bei pranzi e di belle cene…che tempi, quelli sulla Terra!”. “Poi mi hanno gettato via, soltanto perché non ero più attraente come da giovane…e lo hanno fatto talmente tante volte con quelle come me, che da lì è nato il detto gettato come una scarpa vecchia“.
Fu in seguito a discorsi come questi che il piccolo Solo prese una decisione insindacabile: non sarebbe rimasto l’unico bambino del pianeta degli oggetti per niente al mondo e per niente al mondo avrebbe rinunciato a vedere con i suoi occhi quelle strane creature chiamate umani, a tratti così simpatiche, ma a volte tanto crudeli. Armandosi di grande coraggio, si lanciò verso il vuoto e atterrò al suolo, scaraventandosi in un giardino. A dir la verità, più che un giardino era un buco di cemento circondato dagli alberi, secondo i gusti dell’uomo del 2000. Ma era comunque un bel posto, a modo suo.
Guarda caso, degli operai si trovavano proprio lì, intenti a costruire la rete elettrica di alcuni edifici circostanti. Vedendo i mille pezzi che fino a poco tempo prima erano stati il piccolo Solo e che anche all’occhio più esperto sarebbero sembrati nuovi, pensarono che facessero parte dei materiali appena consegnati. Li rimontarono e li risistemarono. Poi, fecero la stessa cosa con quelli che davvero avevano appena ricevuto e li disposero lungo un corridoio, a distanza ravvicinata, per far passare i fili della corrente.
Da allora il piccolo Solo non è più “solo”, ma ha tanti amici, 23 per la precisione. Lui è il numero 24. Per questo, lo chiamano Solo24.
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Racconti