She drives me crazy
Ho sempre avuto problemi con la destra e la sinistra. Davvero, problemi seri. Mi spiego, io conosco la differenza tra l’una e l’altra, ma nella pratica faccio inspiegabilmente confusione. Se stessi parlando di politica, forse non ci sarebbe niente di strano, visti i tempi, ma il punto è che io mi riferisco proprio alla parte destra e alla parte sinistra.
Eppure dovrebbe essere facile: la sinistra, dove tengo l’orologio; la destra, con cui scrivo; la sinistra, che mi sono fratturata a nove anni (per una buona causa però: salutare una zia che usciva di casa mentre andavo in bicicletta, per schiantarmi subito dopo a tutta birra su una macchina, fortunatamente parcheggiata); la destra, in cui ho quella che da piccola chiamavo la polpettina, cicatrice di un test della sudorazione fatto nel tentativo di capire per quale motivo fossi sempre ammalata e il cui nome rivela inequivocabilmente una delle mie passioni sin dalla più tenera età (non solo le polpette ad essere sincera, ma più in generale la categoria cibo).
L’elenco potrebbe continuare a lungo, ma il succo è che io SO qual è la destra e quale la sinistra. Allora perché non azzecco mai quando devo ricollegare la parte al nome?
Ieri è successo ancora e purtroppo con la persona mentalmente più instabile che io conosca: il mio adorato padre, che alla guida della mia macchina mi chiedeva indicazioni.
“Allora dove devo andare, a destra o a sinistra?”.
“Papà ma insomma, me lo chiedi ogni volta, a destra! Quindi, come ti dicevo, blablablablablabla PAPA’ MA COSA FAI, TI HO DETTO A DESTRA!!!”.
E mentre con una sterzata improvvisa il mio chauffeur interpretava correttamente i segnali contraddittori che il mio corpo emanava, sento uscire dalla sua bocca la famigerata lettera P, preludio inconfondibile di una serie di parole che avrebbero riempito il silenzio da lì ai successivi cinque minuti:
“Porco-Giuda-Infame, ma io dico che ho una figlia deficiente, ma mi hai detto di andare a destra e continui pure a ripetermelo indicandomi la sinistra, tu non sei normale figlia mia, porcamadosca, che male ho fatto io per avere una figlia deficiente che per poco non ci schiantiamo, maledizione a te maledizione…”.
Di fronte a tale evidenza della mia sbadataggine e dell’ennesima manifestazione di squilibrio di mio padre, non riuscivo a smettere di ridere, e più ridevo, più lui imprecava: “Insomma, ma dove devo andare adesso, non dirmelo, mi raccomando, così ci schiantiamo, allora dove devo girare, ‘camadosca…”.
Siamo per fortuna arrivati a destinazione senza incidenti e il mostro è uscito dal suo corpo con la stessa velocità con cui c’era entrato poco prima:
“Ciao amore di papà, fai buon viaggio”. E se n’è andato tranquillo e sereno.
Se non è follia questa….
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Vita vissuta