
Momenti di trascurabile infelicità
Il mio amore platonico per Francesco Piccolo è ormai cosa nota. Quando mi chiedono: ma il tuo uomo ideale, com’è? Io da un anno e qualcosa a questa parte rispondo: è come Francesco Piccolo.
Si tratta di una battuta, ma neanche tanto. Perché la capacità che ha quest’uomo di stimolarmi il cervello, di farmi ridere, riflettere e venire voglia di scrivere – oltre che di leggere – ce l’ha soltanto lui. Capirete quindi che non potevo lasciarmi scappare la sua ultima fatica, dato che ormai ho fatto un patto con me stessa: ogni cosa che Francesco Piccolo scriverà, ora e per sempre, io la leggerò. Punto. E’ una delle poche sicurezze che ho in questo momento e quindi, Francesco, vedi di non scrivere cose pallose, altrimenti per coerenza mi tocca leggerle e annoiarmi.
Detto questo, riporto in ordine di lettura – perché fare un ordine qualitativo è troppo difficile – quelli che, per me, sono i Momenti di trascurabile infelicità più memorabili fra quelli descritti:
1. Quando mi dicono: ti potevi vestire meglio. E io mi ero già vestito meglio.
2. Quando una bambina, ancora troppo inconsapevole (secondo me) della complessità della vita, si avvicinò a mia figlia a un campo scuola e indicandomi le disse: ma quello è tuo nonno? Ma non tanto questo, quanto l’entusiasmo incontenibile di mia figlia.
3. Quando qualcuno ti dice che devi sapere che ti vuole molto bene, quasi sempre sta per dirti qualcosa di terribile.
4. Tento di arrivare con lo scooter al semaforo lentamente, così scatta il verde e io non devo fermarmi ma soprattutto non devo mettere il piede a terra. Rallento, rallento, arrivo davanti a tutti, sono quasi fermo, cerco di tenere ancora un po’ l’equilibrio. Sono fermo. Non ce l’ho fatta. Metto il piede a terra. E, appena metto il piede a terra, scatta il verde.
5. Vado nel bagno di un locale e trovo il cesso che è uno schifo e poi scopro che lo scarico non funziona ed è per questo che faceva così schifo. Esco e fuori c’è qualcuno che deve entrare dopo di me, lo conosco. Vorrei dire che lo schifo che troverà non l’ho causato io, ma è troppo imbarazzante. E comunque, anche se riuscissi a dirlo, alla persona che sta per entrare, il dubbio che quello schifo l’ho fatto io, rimane.
6. Faccio un regalo. Dico: se non ti piace lo puoi cambiare. Mi risponde: ma che dici, mi piace tantissimo, è proprio il colore che preferisco, come hai fatto a indovinare? E il giorno dopo va a cambiarlo.
7. Quelli che flirtano, limitandosi a flirtare.
8. Sei su whatsapp, vedi che l’altro “sta scrivendo”, ti sta rispondendo, aspetti, e non arriva niente. Ci ha ripensato.
9. Tutti i pianti che mi sono fatto, negli anni, guardando Stranamore, Carràmba! Che sorpresa, C’è posta per te.
Se penso alle piccole cose che mi rendono infelice nella vita di tutti i giorni, oltre ai punti 4, 7, 8 e 9 di cui sopra e nei quali mi ritrovo particolarmente, mi viene in mente:
1. Quando vado a prendere l’acqua dal boccione in ufficio, quasi sempre è finita.
2. Quando in ristorante io e qualcun altro ordiniamo lo stesso piatto e il mio è meno bello e meno abbondante.
3. Le domeniche estive quando ci sono le nuvole, ma non piove.
4. Quando sto per inviare una mail che ho impiegato un’ora a scrivere e appena prima di premere invio me ne arriva un’altra che la rende, ormai, superflua.
5. Quando qualcuno, per sdrammatizzare, dice: ma non credo sia il tuo caso. E invece è il mio caso.
6. Quando realizzo che un libro che sto leggendo non mi piace.
7. Quando faccio un brutto sogno, specialmente se è sabato pomeriggio, mi viene il malumore. E non se ne va.
8. Quel giorno che mio cugino, pur di farmi smettere di tormentare mia sorella piccola, mi ha detto che se avessi fatto la brava avrei trovato nel salotto di casa tutti i cartoni animati, compresi Holly e Benji, Johnny è quasi magia e Shiro. La delusione che ho provato e che provo tutte le volte che qualcosa che spero fortemente non si avvera.
9. I crackers: mia madre me li ha dati come merenda tutti i giorni, dai 6 ai 12 anni, “perché non ti fanno ingrassare”. E io che con la salivazione a mille bramavo brioche e panini col salame che nessuno voleva scambiare con me.
C’è un ultimo punto che completa il decalogo, quello di Piccolo, ma anche il mio, per cui lo prendo in prestito. Più che essere un momento di infelicità, è una considerazione:
Ognuno di noi è fatto di un equilibrio finissimo di tutte le cose, belle e brutte; e ho imparato che – come i bastoncini dello shangai – se tirassi via la cosa che meno mi piace della persona che amo, se ne verrebbe via anche quella che mi piace di più.
Ci penso un attimo, mi chiedo quale sia la cosa che meno mi piace di me stessa e quella che mi piace di più e penso che non c’è differenza: due facce diverse della stessa medaglia. Ma non vi dirò qual è secondo me il mio più grande pregio e il mio più grande difetto, non è questo il punto. Il punto è che se mi è venuto da farmi questa domanda, evidentemente un po’ ho imparato a volermi bene e ad accettarmi per quella che sono: con tutti i miei difetti, che generano momenti di infelicità assolutamente trascurabili.