
Milan State of Mind
E’ passato esattamente un anno. Un anno fa, in una tiepida mattina della primavera cagliaritana, con una valigia stracarica di vestiti e la testa piena di domande, lasciavo la mia città per un posto “brutto e grigio, pieno di gente brutta e grigia”.
E’ stato quindi uno shock trovarsi tra le braccia di una città accogliente fin dal primo momento. Una città che mi ha offerto quello che aveva, come ognuno di noi fa con un ospite che riceve in casa, e che ci fosse il sole o la pioggia, ha comunque saputo riempire le mie giornate con le mille cose da fare, lo studio prima e il lavoro poi. Per non parlare delle persone che mi ha fatto incontrare e con le quali è nata un’amicizia. A cominciare da quella alla quale mi sono sentita da subito più vicina e che da subito ha avuto la capacità di farmi sentire a casa, come se ci conoscessimo da sempre e che, guarda caso, è milanese. Secondo shock, quindi.
Com’è cambiata la mia vita rispetto a prima? Beh, devo dire non molto, in fondo. Perché Milano, più che una città è uno stato mentale.
Corro, proprio come correvo prima. Solo che mentre a Cagliari riuscivo a ritagliarmi un po’ di tempo per fare sport durante la settimana, qui lavoro quando va bene 10 ore al giorno e al massimo riesco a farmi una nuotata nel weekend (che poi, io non nuoto, ma faccio acqua gym da sola e senza musica nella piscinetta dei bambini, fregandomene altamente degli sguardi attoniti di chi mi crede una disadattata). Esco più spesso con l’ombrello, e non è che sia poi un grande dramma, specialmente dopo aver vissuto per quasi un anno in Germania. Non posso fare a meno di parole e cose che mi erano sconosciute, come la schiscetta che mi porto a lavoro. Non uso né macchina, né motorino, e ogni volta che posso, macino chilometri a piedi. Sono diventata un po’ geek, ma non faccio male a nessuno. Guardo ancora meno la TV e leggo tanto, ancora di più, perché anche quei 15 minuti in metro sono preziosi. Ma per il resto, sono sempre io: non cucino, non stiro, dico cazzate, amo la birra.
Questa città non ha orizzonti, è vero, però ha una prospettiva: guarda al futuro, come l’immagine qui sotto, e ti obbliga a fare altrettanto. E se in qualcosa mi ha fatto cambiare, me ne viene in mente solo una: l’articolo davanti al nome, che non mi fa più venire la pelle d’oca, ma che anzi trovo buffissimo. E senza rendermene conto, seppure con la mia marcata cadenza cagliaritana alla quale non rinuncerei per tutto l’oro del mondo, ho iniziato ad usarlo: perché dire Laanto e Ilfederico è tutta un’altra cosa 😉