
M come Milamo
Ho sempre evitato Milano. Per anni ho detto e ridetto, quasi con un certo orgoglio, che non c’ero mai stata. E mi ero quasi convinta che si trattasse di una manifestazione di buon senso.
“Una città orribile, fredda, grigia e con la nebbia”.
“Uno smog che ti senti proprio mancare l’aria”.
“I milanesi emanano un calore che è quasi pari a quello del loro sole”.
“Pensano sempre e solo al lavoro, sono tutti stressati e di corsa, c’è una qualità della vita pessima”.
Sentendo pronunciare queste frasi da non pochi conoscenti, tutti di livello culturale medio-alto, che avevano viaggiato e che ci avevano vissuto per periodi più o meno lunghi, mi sono abbastanza fidata. Non è che avessi qualcosa contro Milano, è solo che dai racconti non mi ispirava per niente e non vedevo per quale motivo avrei dovuto fare un viaggio appositamente per visitarla. Solo mio padre mi raccontava con entusiasmo di una sua esperienza lavorativa fatta in gioventù e mi diceva di quanto i milanesi, pur con i loro difetti, fossero persone serie. Ma pensavo che la sua fosse solo una voce fuori dal coro e che non fosse sufficiente per smentire l’opinione dei più.
Poi, lo scorso mese di marzo, la mia più cara amica si è trasferita da quelle parti per un breve periodo e così, andando a trovarla, ho avuto anche il mio primo incontro con Milano. Non so dire se sia stato un impatto positivo o negativo: il cielo era coperto, c’era decisamente più freddo che a Cagliari e non ho potuto fare a meno di notare un bello strato di fuliggine depositato sopra le macchine parcheggiate. Comunque ho passato un weekend piacevole e anche se la città non mi ha entusiasmato, non mi ha nemmeno trasmesso una sensazione negativa.
Forse anche perché è difficile capirla subito, quando mi sono trasferita a Milano non avevo un’idea precisa di come fosse viverci. Ho imparato a scoprirla -e sono bel lontana dall’avere finito di farlo- a poco a poco, concedendomi qualche passeggiata nei pochi momenti liberi. La domenica, soprattutto in primavera, uscivo e andavo verso Via Montenapoleone e Via della Spiga a riempirmi gli occhi, immaginando improbabili serate di gala alle quali avrei potuto indossare i meravigliosi abiti esposti nelle vetrine. Per ben due volte sono andata a correre a Parco Sempione, anche se in realtà ho più che altro camminato (premiandomi poi per l’immane fatica con un fantastico cono di Grom). Sono pure stata a messa al Duomo e ho passeggiato ripetutamente per le strade di Brera, che mi sembra sempre una città a parte.
Se però dovessi dare un aggettivo a Milano, non saprei quale scegliere. Forse direi che è una città strana. Non è bella nel senso oggettivo del termine anche se, quando meno te lo aspetti, ti regala angoli di rara bellezza, come quello di questa foto, scattata in una via apparentemente anonima di un bel quartiere residenziale della città.
Ogni tanto, qualcuno mi chiede che intenzioni ho, se ritornerò a Cagliari o se starò qui, e stranamente non so cosa rispondere.
Cagliari e Milano non si possono paragonare, la mia città è una bella signora sulla quarantina, che indossa un cappello di paglia per proteggersi dal sole, mentre Milano è una vecchia elegante che indossa un grande cappello nero per ripararsi dal freddo e ricordare a tutti il suo stile impeccabile. Sono diverse e hanno abitudini diverse.
Più persone mi hanno detto che Milano è una città che toglie tanto. Non stento a crederlo, perché innegabilmente è faticosa e continuamente chiede e pretende. Ma mi sembra anche che dia tanto e, come ho letto in un libro,
“Milano è una città che accoglie tutti, che a tutti concede una possibilità. E’ democratica. Non è bella come Parigi, non ha il fascino di Roma né l’energia di New York, ma è una città che si prende cura di te, ti trova uno spazio, non ti rifiuta, sa sempre regalarti un angolino in cui farti sentire protetto”.
Allora forse, con questa premessa, è anche più facile rispondere a quella domanda. Perché quella domanda non ha più molto senso e quello che posso dire con certezza è che, ovunque mi trovi, io sono anche la mia città e mentre chiedo a Milano di prendersi cura di me adesso e fin quando ci piaceremo, le do in cambio, ogni giorno, un po’ della mia Cagliari che mi porto dentro.
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Vita vissuta