
La separazione del maschio
Se uno sapesse che tutto ciò che accade ha una sua potenza naturale alla quale ci si adatta senza consapevolezza e senza preparazione, se uno sapesse che senza fare nulla è all’altezza del compito che gli è stato dato, affronterebbe la vita in modo diverso. Forse è per questo motivo che non deve saperlo.
… da un momento all’altro avrei potuto sentire la chiave girare e Teresa che tornava, come le altre sere. Ma sapevo con certezza che non sarebbe successo. Ho pensato che da quel momento in poi, dalla sigla dell’Almanacco di quella sera, avrei potuto non essere più un uomo sposato e la prima risposta che si è materializzata nella mia testa è stata: posso finalmente scoparmi Alessandra. Lei ne avrebbe voglia, ma ha sempre detto che è amica di Teresa e quindi non si può… “E se un giorno mi lascio con Teresa?” … “Scopiamo il giorno dopo”. … Questa possibilità mi dava sollievo, anzi in verità mi dava un’ebbrezza e un senso di onnipotenza…
Ma in quel momento ho capito soprattutto cos’era quella sensazione strana che avevo provato… il mio pensiero più nascosto e istintivo era stato: voglio scoparti anch’io… era una scopata che stava cominciando, senza sapere cosa sarebbe successo. Ci eravamo baciati, spogliati, guardati, desiderati. Ma in quel momento ricordo lo sguardo che ci siamo scambiati. Abbiamo subito pensato: voglio scopare sempre con te.
Mi piacciono persone che sono come me, che hanno gli stessi problemi, la stessa curva di dolore, il peso delle esperienze e una certa disperazione. Mi piacciono persone come me, che conservano la loro bellezza nell’imperfezione, nelle tracce di decadimento… Tutti elementi che la stupida certezza del futuro, di quando si è giovani, non può conoscere e quindi assaporare. E’ un’ebbrezza potente. Perché l’idea del futuro, l’idea che tutto deve ancora compiersi, è un’idea di potere, e non importa che sia illusoria o no. L’orizzonte vago della decadenza spinge con tutte le sue forze verso il presente e quindi si compie finalmente la concretezza della vitalità, qui e ora.
Ho letto per la prima volta La separazione del maschio lo scorso giugno. Da allora mi sono trovata più volte a pensarci, a ripensare a situazioni della mia vita e a pezzi di vita che mi sono stati raccontati, osservandoli da un’angolazione diversa. Questo è il libro sull’amore più sincero che io abbia mai letto, perché lo racconta per com’è nella realtà, senza giri di parole. Con le sue imperfezioni, con la sua bellezza e il suo dolore, perché le cose belle non sono mai facili. Siamo tutti abituati a dire, per questa impostazione romantica che abbiamo, che il cuore è il centro dell’amore, che è lì che stanno i sentimenti, quando sappiamo benissimo che a innamorarsi è la testa. E’ la testa che vede, che sente, che prova piacere. Il cuore è altrove, il cuore è nella testa. E partendo da questo presupposto, diventa molto più sopportabile accettare l’idea che non esiste un unico modo di amare, né di essere amati, proprio perché ogni testa è diversa.
Così una parte di me si indignava a leggere la storia di quest’uomo che porta avanti una serie di relazioni contemporaneamente e senza senso di colpa, e un’altra lo amava nel profondo, si faceva coinvolgere da ciascuna, per la sua capacità di abbandonarsi, di assaporare la vita a morsi. Una parte inorridiva al pensiero di questo tizio che non fa altro che scopare a destra e a manca e un’altra rimaneva disarmata per la sua capacità di accettare il proprio modo di essere e di amare, a modo suo e in modo ogni volta diverso, più donne. Una parte di me, in fondo, si chiedeva e continua a chiedersi quello che si chiede lui:
… se posso amare mia moglie… se posso scopare con chiunque in qualsiasi momento, pensando di distribuire il mio amore come se si moltiplicasse (se, cioè, l’amore ha una data quantità che viene distribuita a quanti si amano, quindi viene divisa; o se nasce e si moltiplica e genera altra quantità davanti a una nuova possibilità di amare), avendo due vite separate, conciliate solo dall’essere umano che sono…
Se fosse vera la seconda ipotesi, se cioè l’amore si moltiplicasse anziché dividersi, allora non ci dovrebbe neppure interessare che chi ci sta accanto ami anche qualcun altro: il fatto che ami anche noi ci dovrebbe bastare e, naturalmente, dovrebbe valere anche il contrario.
La maggior parte del tempo degli amanti, dell’attenzione delle persone, è occupato dalla preoccupazione che la persona amata non ami qualcun altro. Non che ami me, ma che non ami altri. Questo a me è sempre sembrato sia impreciso, sia troppo poco. Se Teresa, quando si sveglia la mattina, ha negli occhi il suo amore per me, non voglio dire che non ha importanza se ama anche qualcun altro, non voglio arrivare a sostenere questo, se altri lo sentono forzato, ma voglio almeno dire che mi basta. E vorrei che bastasse anche a lei il mio amore, ho sempre voluto questo. So che è difficile avere questo pensiero in una coppia, ma la verità è che è l’unico pensiero sensato. E semplice.
Qualche anno fa avrei giurato che non si possono amare più persone insieme, che se uno dice “le amo entrambe/li amo entrambi”, in realtà non ama nessuna delle due. Oggi non ne sono più così sicura. Forse dovremmo essere in grado in qualunque momento di fare una classifica delle persone che amiamo, questo sì e, se necessario, sapere a quale rinunciare. Ma forse dovremmo anche accettare come siamo fatti, ché il meccanismo, girala come vuoi, è sempre lo stesso per tutti: l’incanto che si prova all’inizio guardando l’essere umano sconosciuto che ti sta di fronte; quella confidenza che si crea in poco tempo e che ti sembra di avere da sempre; il punto di riferimento, la solidità dell’esistenza.
C’è un momento, in una relazione, in cui metteresti la mano sul fuoco che l’altro non ti farebbe mai del male, che il centro del suo mondo, sei tu. È il momento della gelosia, quello in cui esci di testa al solo pensiero che nella sua vita sia stato con qualcun altro. Poi il tempo va avanti e cominci a rilassarti, a pensare che ti puoi fidare. Ed eccolo che arriva lui: il disincanto. Cominci a vedere i difetti e a provare un senso di fastidio al pensiero di tutte quelle piccolezze che ti mandano in bestia per nulla: il modo di tirare su col naso, di piegare le magliette, di raccogliere le briciole del pane sulla tavola, accumulandole con il coltello. E’ lì che nasce l’amore, se nasce. Se superi il momento del disincanto. Ma anche se succede, non è mai una conquista definitiva: perché arriva un momento in cui di tutti i modi di tirare su col naso, di piegare le magliette, di raccogliere le briciole sulla tavola, quello lì, proprio quello, ti sembra il peggiore, ti risulta insopportabile. E magari, ti sembra che accanto a te ci sia qualcuno che non tira su col naso a quel modo, che le magliette le piega bene e che sulla tavola usa l’aspirabriciole. Cominci a cullare dentro di te l’idea di non dovere assistere più a quegli atti che ormai consideri osceni e pensi che, prima o poi, troverai il momento per chiudere. Ma c’è la separazione fisica da affrontare, la telefonata che non fai più quando esci dall’ufficio, il letto vuoto. E c’è un altro particolare che trascuri: l’altro punto di vista, la possibilità che mentre tu pensi tutto questo, qualcosa si stia spezzando dall’altra parte. Non importa chi dice per primo basta, prima o poi alla fine ci si arriva. E fa male, e questo dolore non lo si può evitare in nessun modo: bisogna viverlo, sentirlo con tutti e cinque i sensi. Ci vuole un coraggio sconfinato a stare con una persona, ma ce ne vuole ancora di più a stare senza. Perché bisogna essere consapevoli che un giorno uguale a tutti gli altri, magari a distanza di anni, salirai sulla metropolitana e sentirai uno che tira su col naso e ti sembrerà di averlo già visto. O piegherai male una maglietta che era stesa ad asciugare. O ti sorprenderai ad accumulare le briciole sulla tovaglia con un coltello. E realizzerai quello che, in fondo, hai sempre saputo: che non ci si innamora dei pregi, ma dei difetti. Che per quanto tirare su col naso, piegare le magliette e raccogliere le briciole ti facessero incazzare, tu quei gesti li amavi e ti piacevano così, a quel modo e non in un altro. Che quel difetto è, ormai, e sempre sarà, parte di te. Ci sarà sempre un altro modo di tirare su col naso, di piegare le magliette, di raccogliere le briciole. Un’altra opportunità, un’altra vita. Più o meno bella, nessuno può dirlo. Sicuramente, diversa. Quindi, quando si decide di chiudere una storia, ci si dovrebbe chiedere: sono disposto a fare a meno di quel modo di tirare su col naso, piegare le magliette, raccogliere le briciole? Perché alla fine di questo si tratta: abbandonare quei difetti per accoglierne altri.
Questo libro mi ha fatto vedere, mi ha aiutato a capire. Quindi, se volete capire, non perdete altro tempo e leggetelo. Dovreste leggerlo tutti, donne e uomini, e dovreste farlo subito. Ma fatelo solo se siete disposti ad abbandonare le vostre certezze, a rinunciare a ciò che è rassicurante, a mettere in discussione il vostro punto di vista. Perché dopo non vedrete più le cose con gli occhi di prima. Da questo libro, non si torna indietro.
17 Marzo 2015 at 10:57
Bellissimo libro si, molto vero, molto rappresentativo del modo di pensare di molti uomini.
E’ stato un piacere riscoprirlo in questo tuo posto. Grazie 🙂
17 Marzo 2015 at 14:22
@viaggiatore77 mi fa piacere avere risvegliato i tuoi ricordi. E’ vero, è un punto di vista molto maschile, ma credo che anche molte donne la pensino in modo non troppo diverso. Almeno in parte.