
Io no
FLAVIO
Da bambino era strano, non ha parlato fino a tre anni, ma quando un giorno improvvisamente ha iniziato a farlo, le prime due parole che ha detto sono state: “Io no”.
LAURA
… Aveva quest’ansia invincibile di cercare “il posto giusto”, diceva che se ne sarebbe accorto subito, che sarebbe stato il posto a trovare lui, e non viceversa, ma che doveva muoversi, capitarci.
… Ma non vedi come ti guarda? Quanto ti guarda, anche se non vuole farlo vedere. Ti parla, osserva ogni tuo movimento, sta attento a quello che dici, è allegro, brillante, cordiale. Gli piaci, e tanto, fidati. Sei perfetta per lui. Lui non lo sa ancora e nemmeno tu lo sai, ma io sì, io lo so… Solo che non eravate ancora pronti, Francesco non era pronto e forse nemmeno tu. Vi sareste soltanto sfiorati. Per questo ho aspettato così tanto per farvi conoscere…
FRANCESCO
Elisa è la sensibilità perché sente le cose, perché ha la pelle che vibra… Elisa è la complicità, e non avrei mai pensato che fosse possibile avere con una donna la stessa intesa sottile che ho con gli amici più veri… E poi certe volte Elisa è un uomo, pensa come un uomo. E non ce ne sono mica tante di donne così… Elisa è bella come certe notti di giugno quando cambia l’aria e si sente l’estate. Ecco, Elisa è bella così. Elisa è la sessualità perché fare l’amore con lei vuol dire farlo davvero, senza pudori, senza inibizioni, senza freni… Elisa è l’appartenenza perché prima di conoscere lei non appartenevo a nessun luogo, oggi, invece, appartengo a tutti i luoghi dove sono con lei… Elisa, dicevo, è tutto questo e molto di più, almeno ai miei occhi, ma è solo questo che conta. Ce n’era una sola così in tutto il mondo per me, una sola tra sei miliardi di persone. Io questo lo so, Elisa lo sente.
FLAVIO
Ma soprattutto lo risento, ho nella testa la sua voce che grida: “IO NO!” con lo stesso tono disperato della prima volta che l’ha urlato. Avrà avuto tre anni, e ancora non parlava, non aveva ancora parlato… Eravamo a tavola, lui era seduto sul seggiolone e trafficava con un bicchiere di plastica, divertendosi a riempirlo di mollica di pane, un angelo! Noi mangiavamo tranquillamente quando, di colpo, come folgorato da una rabbia improvvisa, aveva gettato lontano il bicchiere e gridato: “IO NO!”. Da quel giorno ha iniziato lentamente a parlare, e dopo sei mesi aveva già recuperato tutto il tempo perduto, ma per quasi un anno, anche senza nessun motivo apparente, magari ridendo, diceva: “Io no”. Ora, nella mia mente, risuona soltanto quella vocina che grida “Io no” tanto che non so più nemmeno se è la voce di Francesco bambino o se invece è la mia che finalmente si è tolta il bavaglio e grida: “Io no io no io no io no io no io no io no io no io no io no io no io no io no io no io no io no io no io no io no io no”.
FRANCESCO
… Ed è per questo che oggi sono sereno, perché per la prima volta sento di essere in pace con i miei ricordi, tanto da poterli dimenticare… Quello che mi resta sono frammenti, a volte vividi, a volte confusi. Confusi come le voci che ho sentito, i volti che ho guardato, le mani che mi hanno toccato. E come i suoni, gli odori, i sapori che mi hanno inebriato. Vividi come il sorriso di tua madre, il suo modo di muovere le mani, la sua grazia. Come tutte le emozioni che mi ha dato, e quelle che mi hai dato tu. Ecco, se dovessi scegliermi il Paradiso vorrei che fosse fatto da tutte le emozioni che ho provato… non basta averli, i ricordi. Bisogna avere la forza di perderli per non tradirli.
Ho letto per la prima volta Io no, romanzo d’esordio di Lorenzo Licalzi, diversi anni fa. Da allora l’ho sempre consigliato a tutti quelli che mi hanno detto che non leggevano da tempo e che avevano voglia di riavvicinarsi alla narrativa. I motivi sono almeno due: il primo è che la storia che racconta è di quelle belle e verosimili, come piacciono a me; il secondo è che questo libro ha dei dialoghi brillanti, e in più parti sembra di trovarsi di fronte allo schermo di un cinema (che poi, da questo romanzo è stato pure tratto l’omonimo film, che ugualmente vi consiglio).
Flavio e Francesco sono due fratelli e, come sempre accade nelle migliori famiglie, non potrebbero essere più diversi: assennato e stacanovista il primo, scapestrato e fannullone il secondo. Flavio moglie, figli e vita regolare (amante compresa), Francesco separato, cinico e ormai rassegnato alla banalità delle donne che incontra. Finché non arriva Elisa e cambia tutto.
Storia banale, direte, e per certi versi vi rispondo che avete ragione. Però scusatemi, non è così che va la vita, che le persone si incontrano, se si incontrano? La felicità, quella vera, quella piena, che torna quando ormai pensavi che non sarebbe arrivata mai più, e che si trasforma nel suo contrario. Che non è l’infelicità, ma il suo ricordo. Il ricordo di sensazioni, stati d’animo, che non sapresti forse nemmeno spiegare a parole, ma che se ti fermi un attimo e chiudi gli occhi, riesci a sentirli di nuovo. E allora capisci che sì, eri felice, tanto felice che hai accumulato una scorta di felicità legata a quel momento da riuscire a goderne un po’ anche adesso, come se si trattasse di una parte di felicità a rilascio graduale. E questa felicità residua è così bella che fa male.
Le storie che parlano d’amore (ma esistono storie che non parlano d’amore, a pensarci bene?), si portano appresso sempre gli stessi interrogativi: esiste l’anima gemella, quella persona che, da qualche parte nel mondo, è fatta apposta per noi? E quante probabilità abbiamo di incontrarla? E se ci è già passata accanto e non ce ne siamo accorti? O peggio, se l’avevamo trovata e poi l’abbiamo persa? Le domande sono sempre le stesse e sempre le stesse sono le risposte: non ce ne sono, o perlomeno non sono uguali per tutti, proprio come dimostrano i personaggi di questo romanzo.
Un romanzo divertente, scorrevole, sensibile ma scritto da un uomo – il che gli dà un piglio che lo rende godibile anche per gli uomini – . Anche questa volta, come la prima, sono arrivata alla fine, verso le ultime pagine, e ho pianto. Perché non ho potuto fare a meno di pensare a come inizia questa storia e probabilmente quella di tutti noi, compresa la mia:
Nella vita degli uomini ci sono due destini: uno che si avvera sempre, e un altro che non si avvera mai.