
Io e gli animali – Parte II –
I miei ci dissero sconsolati che la situazione era degenerata e che anche a loro dispiaceva, ma io la questione Sissi proprio non gliela perdonai.
Comunque, peggio per loro. Cantarono infatti vittoria troppo presto: con la tecnica del martello pneumatico, infallibile almeno quanto la schiacciata di Mila Azuki, riuscimmo a farci regalare tanti altri cani, perlopiù adottati dal canile e forse anche per questo spesso malaticci e poco longevi (diciamoci la verità, avevamo una sfiga da far paura: arrivammo perfino a dover riportare indietro un cane perché nonostante la piccola taglia defecava come uno stallone e per giunta in continuazione, tipo 7 volte al giorno, una roba da guinness dei primati).
Ci fu nuovamente una pausa dagli amici a 4 zampe, ma di fronte agli evidenti segni di squilibrio di mia sorella (tornava a casa ogni sabato con un pesce rosso diverso), i miei decisero di provarci ancora. Adottarono così una cagnolina consigliata da quelli del canile, che “guardi, signora, questa cagnetta sembra proprio fatta per stare in appartamento, sembra proprio che voglia venire con lei”.
La cagnetta, soprannominata TIR nel canile per via della sua forma, venne ribattezzata Liz da mia sorella. Tipico esempio di Pastore Proto-Sardo (pelo e muso di pastore tedesco, ma stazza di un bassotto), Liz ben presto rivelò il segreto che si portava dentro: 7 cuccioli, pronti per voi in 5 minuti! Mia madre tornò furibonda nel canile e mise subito le cose in chiaro: “io questi cuccioli non li posso tenere e non so a chi darli, quindi vedete di farvene una ragione, ma io ve li porto tutti e li sistemate voi”.
Fortunatamente, i nuovi arrivati furono tutti sistemati per tempo, e cioè molto in fretta, prima che assumessero le sembianze della loro madre, tanto intelligente (lo era veramente molto) quanto bruttina. Liz invece ci ha accompagnato, tra un passaggio di proprietà (tra noi e la nostra adorata zia che ha ricevuto una chiamata dall’alto che non ha potuto proprio rifiutare) e l’altro, per 14 anni, finché nel 2009 ci ha lasciato.
Il peso della sua mancanza è ricaduto soprattutto su nostra madre, che ha cominciato ben presto a dare segni di bipolarismo, alternando frasi come “mai più animali in casa mia” ad altre del tipo “come mi manca un cagnolino”. E indovinate un po’ quale tra le due affermazioni ci è sembrata più sincera? Ma naturalmente la seconda! E così 4 anni fa, d’accordo con nostro padre e senza dire niente alla diretta interessata, abbiamo preso una cucciola di Beagle, così carina, ma così carina, che sapevamo che nostra madre non avrebbe avuto il coraggio di fiatare. Quando mia sorella l’ha portata a casa, io ero al mare. “Un cane? Ma davvero papà è d’accordo? E come la chiamiamo?” . “PENELOPE!!!”, abbiamo detto contemporaneamente, senza mai esserci consultate prima. E così è arrivata Penelope, per gli amici Pennetta, per i frettolosi Penny. Dopo avere inutilmente tentato di educarla, anche perché mentre noi le parlavamo da cane, mia madre la chiamava “la mia nipotina” e le insegnava a usare forchetta e coltello, ci siamo arresi alla sua esuberanza, e per un anno abbiamo a fatica sopportato le sue scorribande e i suoi atti di vandalismo puro (tra i quali: prendere a morsi la credenza nuova, distruggere la porta della cucina, fare in mille pezzi una banconota da 50€). Adesso che è adulta, Penelope è diventata bravissima e ogni volta che torno a casa non fa che ululare, pazza di gioia, in giro per la casa. Ultimamente le sto insegnando lo spagnolo, perché le lingue possono sempre tornare utili, e così ha imparato a riportarmi il suo ratón.
Non contenta, un anno fa ho anche comprato un acquario che, devo dire, va a meraviglia. Certo, per raggiungere questo risultato ho dovuto superare svariati incidenti. Primo, il fallimentare tentativo di educare un pesce combattente: un pesce bellissimo, che quando s’incacchia gonfia le guance e la coda, agitando i suoi colori sgargianti. Mi avevano detto che era rischioso mischiarlo ad altri pesci, ma io ho voluto provare. Risultato: appena inserito nell’acqua, ha iniziato a puntare tutti i miei pesci tropicali, seminando il terrore. Certo, la sua bellezza era indiscutibile e ben evidente, visto che era perennemente gonfio di rabbia (nel vero senso della parola), ma a guardare l’acquario mi veniva l’ansia per quei poveri pesciolini la cui unica colpa era quella di avere una padrona cretina. Così prima ho messo il combattente al gabbio (cioè dentro la sala parto), convinta che l’effetto, oltre che lo scopo, della pena sarebbe stato quello di rieducare il detenuto, poi, visto che anche da dietro la sbarre cercava di aggredire gli altri pesci, l’ho riportato al negozio.
Successivamente, per errore ho sterminato 17 pesci (cioè l’intero acquario), a causa di una dose sbagliata di biocondizionatore. Da un po’ di tempo a questa parte, però, la quiete sembra regnare, come dimostra il fatto che i miei pesci dell’ammmore, alias Guppy, si riproducono a un ritmo incessante!
Infine, un ultimo animale fa in un certo senso parte della mia vita: Rusty, il cane del mio raga, come direbbero a Milano, che è in assoluto il cane più buono che abbia mai conosciuto. Certo, anche con lui non posso dire che sia sempre andato tutto liscio… quale occasione migliore per raccontarvi un episodio che mi ha segnato e che non posso dimenticare!
M. doveva dare un esame all’Università e così mi chiede “domani mattina, visto che non ci sono i miei, puoi portare tu Rusty fuori?”.
“Certo, non c’è problema!”, rispondo, dato che mi era capitato altre volte di fare quattro passi con questo gigante buono.
Camminiamo tranquilli, Rusty fa i suoi bisogni, li raccolgo con la paletta, ma non faccio in tempo a chiudere il sacchetto che questo maledetto mi strattona all’improvviso con tutta la sua forza bruta: volo a faccia in terra, nel frattempo la busta con la cacca mi scivola di mano ed esplode per aria, di fronte agli sguardi increduli dei passanti. Cado, e mi faccio pure male. Il fetente non mi degna nemmeno di uno sguardo e si mette a litigare con un altro cane da dietro un cancello. Umiliata, con le lacrime agli occhi dal dolore alle mani e con un senso di morte causato da quella che, senza ombra di dubbio, era proprio una figura di merda, mi rialzo e senza guardare in faccia nessuno prendo il muflone e lo riporto nel recinto.
Detto questo, gli voglio un gran bene, e mi aspetto che prima o poi per questa epica impresa si decidano a darmi un premio, che ne so, la cittadinanza onoraria di Selargius (comune vicino a Cagliari nel quale si è svolto il misfatto).
Mentre vi scrivo, purtroppo l’unica cosa pelosa che mi sta vicino è la mia mantellina di lapin (e non fate i moralisti: io sono una persona coerente e gli animali li amo sempre, sia da vivi che da morti). Ma la verità è che vorrei tremendamente un cane, e avrei anche scelto quale, e spero che prima o poi riuscirò ad organizzarmi in modo da potermene occupare. E sì, ho anche già deciso il nome: sarà Caramella, perché mi ricorda tanto una Sperlari.