Cominciamo dall’inizio: che cosa sono i SOCIAL MEDIA e perché è importante conoscerli
Nel tentativo di spiegare cosa sono i social media, cosa c’è di più semplice che andare a vedere qual è la definizione che ne dà proprio uno dei social media per eccellenza, ovvero Wikipedia? Questa formidabile fonte UGC (Users Generated Content) ci dice testualmente:
“Social media, in italiano media sociali, è un termine generico che indica tecnologie e pratiche online che le persone adottano per condividere contenuti testuali, immagini, video e audio”.
Detto così, viene da pensare che ormai un po’ tutto è un social network, dato che nella maggior parte degli spazi su internet è possibile scrivere un proprio commento. E questo è proprio il bello, ma anche il brutto, del cosiddetto web 2.0: mentre in passato, all’epoca del web 1.0, gli utenti si limitavano a leggere più o meno passivamente testi scritti da altri, oggi il flusso dei contenuti sul web non è più solo di tipo top-down, ma anche bottom-up (o forse sarebbe più corretto dire peer to peer) e quello che qualcuno potrebbe scrivere, anche sul nostro conto, potrebbe anche non piacerci. Come detto anche nell’introduzione a questa rubrica, chiunque ha infatti la possibilità di scrivere e condividere ciò che vuole, nella maniera che gli pare. Oggi come oggi, social media ce ne sono un’enormità: da quelli per restare in contatto con gli amici, come Facebook e Google+, a quelli dedicati in vario modo alle immagini, come Flickr, Instagram (ormai acquisito da FB) e Pinterest, da quelli di microblogging, Twitter in testa, a quelli per la condivisione di video, come YouTube, a quelli di geolocalizzazione, come Foursquare. L’elenco non è certo esaustivo, diciamo che questi sono probabilmente i social più noti, e immagino che la maggior parte di voi siano presenti almeno su due di quelli che ho nominato. Ho tralasciato LinkedIn, non certo perché non lo consideri importante, anzi, semplicemente ritengo che la sua funzione si discosti parecchio da quella degli altri, trattandosi di una piattaforma destinata pressoché esclusivamente a finalità professionali.
Ma perché il fenomeno social media ha tanto preso piede? Me lo sono chiesta più volte, anche perché io ero una di quelle persone che all’inizio hanno storto il naso davanti a Facebook dicendo “i fatti miei voglio che restino privati, io a questo coso non m’iscrivo”. E invece alla fine ho ceduto e fermo restando che mi riservo di decidere che cosa rendere pubblico e a chi, rimane il fatto che, inutile girarci attorno, ormai la privacy, quella vecchia e cara di un tempo, è morta e sepolta. E quindi vi chiedo, secondo voi perché è successo, a me come ad altri 24 milioni di italiani? Da ex frequentatrice di liceo classico, mi viene da pensare ad Aristotele, che diceva che l’uomo è per natura un animale sociale. Se questo è vero, niente di strano allora che si serva di mezzi sociali, o social media, che gli consentano una volta di più di sentirsi parte di una comunità. Se poi aggiungiamo che ognuno di noi è affetto da manie di protagonismo e che tutti vogliamo avere almeno 5 minuti di gloria coi riflettori puntati addosso, ecco che il motivo del dilagare dei social è presto spiegato.
Dobbiamo quindi concludere che essere presenti su Facebook o Twitter sia obbligatorio e che chi si rifiuta di farlo sia un essere asociale? Certo che no! L’importante è che, qualunque cosa decidiamo, siamo consapevoli del motivo della nostra scelta.
Innanzitutto, prima di fare il grande passo dovremmo a mio avviso porci due domande fondamentali:
1) Perché lo sto facendo?
2) Sono disposto a dialogare con le persone?
Sembra banale, ma in realtà non lo è. E’ infatti bene ricordare che ormai le nostre identità sono liquidee che non si può pensare di essere in un modo nella vita reale e in tutt’altro modo in quella virtuale: ormai, anche la seconda è reale quanto la prima. Se quindi il nostro obiettivo è, ad esempio, attirare l’attenzione del ragazzo che ci piace, forse non è il caso di pubblicare foto che ci ritraggono sbronze, ogni sabato in un locale diverso e con un tizio diverso; se abbiamo un lavoro e vogliamo tenercelo stretto, non è una grande idea quella di bestemmiare contro il nostro titolare su Facebook, e così via. Se poi ci mettiamo a scrivere di politica o di religione, non possiamo offenderci o mandare al diavolo chi non è d’accordo con noi. O meglio, possiamo farlo, comportandoci da maleducati e da persone con cui non si può parlare. Non sono nemmeno d’accordo col dire, come fanno alcuni cinquanta-sessantenni, “sui social non ci vado perché è roba da ragazzini”. Questo atteggiamento è a mio avviso sbagliato e denota una scarsa conoscenza del mezzo, perché i social media non sono in sé e per sé né giusti, né sbagliati, né da ragazzini, né da adulti… tutto dipende dall’uso che se ne fa, da quali sono gli obiettivi che ci poniamo e da quali sono i social su cui decidiamo di avere una presenza. Stare su Facebook o su Twitter è una cosa ben diversa: sul primo aggiungiamo i nostri “amici”, veri o presunti che siano, sul secondo “seguiamo” persone che per qualche ragione ci interessano e, volendo, possiamo anche evitare di “cinguettare” in 140 caratteri, limitandoci a usarlo come motore di ricerca o come sorta di archivio per i tweet altrui che più ci hanno colpito. Anche perché, come recita una celebre battuta del film The Social Network, “su internet non si scrive a matita, ma con l’inchiostro”. Meglio tenerlo a mente, onde evitare pentimenti tardivi.