BMS (ovvero Bionda-Monza-Stronza)
Se la strafottenza avesse una faccia, potrei dire di averla conosciuta, proprio a Milano.
Caschetto biondo, occhi di ghiaccio, magra, Perla Manetti mi è sembrata una stronza micidiale dal primo istante che l’ho vista. Di fronte alla richiesta di presentazione della prima docente, togliendosi dagli occhi i capelli con un gesto da pubblicità dello shampoo e con una faccia supponente, risponde: “Sono laureata in Psicologia della Comunicazzzione, abito a Monzzza e sono una Stronzzza”. (Quest’ultima parte, in realtà, l’ho aggiunta io, ma so che era proprio quello che lei voleva dire). Perché ogni volta che LA PERLA, come si dice da queste parti, apre bocca, sembra proprio che ti voglia sfidare, nella migliore delle ipotesi, o prendere a schiaffi, nella peggiore. Invece, e l’ho capito solo col tempo, lei non lo fa assolutamente in maniera cosciente, è proprio la sua espressione, e se si sforza di sorridere e fare moine, sembra veramente una caricatura. Comunque, a pensarci bene sin dai primi giorni c’erano stati dei segnali che avrebbero dovuto farmi capire che non era poi così male: vestita come una cantante rock (classica mise: leggings neri, maglia lunga, stivaletti bassi con le borchie e rossetto rosso porpora sulle labbra), si presentava regolarmente in ritardo, tutta sconvolta, alzando gli occhi al cielo e imprecando nel frattempo FIGAAAA col labiale; dopo di che si sedeva al suo posto rivolgendosi al vicino con la classica frase: “AMO, LASCIAMI PERDERE, oggi proprio UN DELIRIO”.
Alla fine, più che una stronza mi sembrava una rincoglionita e proprio per questo ha cominciato a starmi simpatica: intuivo che avrebbe regalato dei momenti difficili da dimenticare.
Potrei citarne tanti, ma tre meritano secondo me un cenno particolare.
Il primo, quando durante le riprese per uno spot pubblicitario realizzato in gruppo, interpreta veramente il ruolo di una cantante rock e alla richiesta del regista “Quale canzone vuoi in sottofondo?”, risponde, seria, “Jem e le Hologram”. E quando poi lui le dice “Togliamo questa merda e mettiamo una canzone vera”, lei lo guarda preoccupata e gli fa “AMO, NON METTERMI IN DIFFICOLTA'”. Alla fine trovano un compromesso, mettendo Rewind di Vasco, lui, e bevendosi tre shottini di vodka alle undici del mattino, lei.
Il secondo momento topico, purtroppo non l’ho visto personalmente, ma mi fido dei racconti. Mentre attraversava la strada (col semaforo rosso) “ma FIGA cosa c’entra, uno deve comunque stare attento”, un autobus ha investito il suo mitico trolley da lavoro, contenente occhiali da vista e appunti. Il trolley è stato sostituito, gli occhiali ancora no, e adesso gira con una montatura che la fa sembrare la Cieca di Sorrento (in pratica, indossa degli occhiali da sole con le lenti da vista).
Infine, un momento di quelli che non si dimenticano, lo scorso venerdì. Ci troviamo in un’agenzia di comunicazzzione, come dice lei, quando il General Manager ci chiede: “Ragazzi, cosa posso portarvi? Vi vanno dei marrons glacés?”.
“Ma no, grazie, non si disturbi”, rispondiamo tutti, un po’ per timidezza e un po’ perché la proposta non ci sembra troppo allettante.
Ed ecco che una voce si leva fuori dal mucchio: “Io sì, grazzzie, volentieri”.
E mentre il padrone di casa si allontana per prendere i marrons glacés, il caschetto biondo si gira verso di noi: “FIGA RAGA, ma che minchia sono i marrons glacés? Quelli lì francesi colorati???”.
BUUUAAAAAAAA!!!!! La nostra Perla aveva confuso i marrons glacés con i macarons e fatto anche la splendida (io sì che li mangio, mica come questi qui!).
“No RAGA, non potete capire, io ODIO i marrons glacés, FIGA, mi fanno vomitare”.
Alla fine invece le piacevano, e piacevano pure a noi, a cominciare dalla sottoscritta, che se non le allontanano il vassoio fa una strage.
Devo quindi ringraziare doppiamente Perla Manetti, che per due volte è riuscita a farmi cambiare idea: sul suo conto e sui marrons glacés.