
Arrivederci ragazzi
Riviste, fogli bianchi, pennarelli, forbici e nastro biadesivo e “raccontatevi in modo non convenzionale”, la voce della prima docente.
“Questa sono io”, faccio mostrando il foglio qui sotto ai miei compagni.
“Sono sarda, e forse anche a causa o per merito delle mie origini sono una persona abbastanza solare. Sono molto determinata e quando mi metto in testa una cosa vado dritta all’obiettivo, ma questo non mi impedisce di ritagliarmi dei momenti per stare con gli amici, magari davanti a una bella birra, senza dubbio la mia bevanda preferita. Purtroppo non ho trovato una foto, comunque ci tengo a precisare che l’Ichnusa è la migliore che ci sia e anzi vi consiglio di provarla… non so se questo master sarà la carta vincente, se cambierà per sempre la mia vita o se sarà solo una felice (spero) parentesi, ma sono qui perché sentivo che dovevo provarci e perché non voglio, un domani, avere il rimpianto di non aver tentato”.
E’ cominciata così la mia vita a Milano, una classe di 22 ragazzi da tutta l’Italia, ognuno col suo viaggio, ognuno diverso, per molti uno stravolgimento vero e proprio con tanto di trasferimento dal sud al nord.
Non c’è voluto molto per rendermi conto di quanto fosse variopinto, in tutti i sensi, il microcosmo in cui ero capitata.
“R. come mai sei in ritardo, abiti lontano?”.
“No, vicino, ma se leinon esce, io non esco” (lei: la cacca).
Ero la più anziana della classe, finché, con mia grande gioia, non è venuta a spodestarmi C. T. da Alessandria: “Ciao a tutti, mi chiamo C., amo il fucsia e odio i bambini”.
Normale, no? Non fa una piega. E non si può dire che abbia esagerato: mentre guardavamo, commossi, un filmato Disney che ritraeva le emozioni dei cuccioli d’uomo, la sua unica reazione è stata provocata da un bambino che piangeva talmente dalla gioia, da avere la candela sotto il naso. Inevitabile per C. la frase che le ho sentito pronunciare più volte in assoluto: “che schifo”.
“Mi scusi Prof., parlando di vendite, supponiamo che uno abbia un’azienda, che ne so, di prodotti per la pulizia industriale…”. Tipico, no? Uno fa una domanda su un’azienda a caso e la prima cosa a cui pensa sono i prodotti per la pulizia industriale… li ho sentiti nominare milleduecento volte, perché i genitori di W. sono i proprietari di questa azienda a casoe lui non ha perso occasione per chiedere consigli a chiunque, facendo discorsi che capiva solo lui. Ma W. ha regalato una marea di altre chicche, come quando durante un lavoro di gruppo la sua litania in sottofondo gli è valsa il nome di Rosario, scritto a caratteri cubitali nelle slide di una presentazione in power point. Per non parlare del fatto che, sempre secondo W., in inglese boccasi dice moff… e vai allora con il secondo nomignolo, grazie al quale è diventato W. Rosario Moff Moff.
“Adesso ragazzi a proposito di marketing internazionale parliamo di un clamoroso fallimento della Mattel, quello di Barbie nei paesi arabi…”.
Si alza una mano, quella della dolcissima L., così tenera che si taglia con un grissino… In realtà L. ha 26 anni ed è pure molto in gamba (L., sono parole sincere, 10€ e siamo a posto), solo che sembra una quindicenne di primo pelo e dalla voce non le daresti più di 8 anni.
“Dottoressa, a questo proposito vorrei portare la mia testimonianza, io ho scritto una tesi comparativa sulla Barbie occidentale e la Barbie Fulla…”.
Immaginatevi l’effetto di questa rivelazione… tesi comparativa sulle Barbie??? Questo sì che è coltivare le proprie passioni. L., infatti, con le Barbie ci gioca ancora.
“F., volevo dirle che dopo domani ha due colloqui per lo stage, uno in X alle 12:00 e uno in Y alle 15:00”.
Una persona normale avrebbe fatto i salti di gioia, no? Non è esattamente quello che è successo: con la stessa espressione dell’Urlo di Munch, F. mi guarda negli occhi e mi fa “Radiolina, hai sentito, due colloqui, come faccio, cosa mi metto, sono disperata”. Vorrei poter dire che era una battuta, anche perché F. ha, ovviamente, un armadio pieno di vestiti, ma purtroppo era seria, anzi, serissima. Per fortuna ha razionalizzato subito e cominciato a pensare a problemi seri, come i gusti da mettere sul cono di Grom.
E come non citare le ultime perle di Perla… ve la ricordate, no? (v. post BMS, ovvero Bionda-Monza-Stronza).
Lavoro di gruppo, obiettivo fare una promozione sulla pagina Facebook di Intimissimi. Mentre discutiamo, Perla alza la voce: “Figa, raga, fermi tutti, idea geniale!”.
“Spara!”.
E spara sul serio. Una minchiata, ma una minchiata, da non averne idea. “Raga, invitiamo le utenti a postare una foto in completino intimo abbinando un cappello”.
“Dai Perla, scherzi a parte, qual era l’idea?”.
“Figa raga, era questa… ma state scherzando, è geniale!”.
Esplodiamo, letteralmente, dalle risate. Ma lei, non contenta, insiste: “O deficienti, ma se non sapete le cose, informatevi. Guardate qua…”. E ci mostra una pagina di Google immagini dove, dopo qualcosa come duecento foto, si vede una tizia di una pubblicità natalizia con un completino rosso e un cappello da Babbo Natale. La nostra risata cresce in modo esponenziale, “Perla, ma scusa, chi è che abbina l’intimo al cappello e che oltretutto si fa la foto e la pubblica su Fb… e nemmeno sulla propria pagina, ma su quella di Intimissimi!”.
Silenzio. Perla si offende a morte e cade in un assordante mutismo. Dopo dieci minuti di estraniazione dal mondo, le faccio “Dai Perla, non te la sarai mica presa, ci hai fatto morire dalle risate ma non volevamo offenderti”.
“No raga, non si fa così, cioè, io sono abituata ad ascoltare le idee di tutti, anche se sono minchiate”.
“Ma Perla, noi ti abbiamo ascoltata!!!”.
Niente, si era proprio offesa. Penso che tutt’ora questa storia dei cappelli con l’intimo sia fonte di qualche problema, meglio non rischiare e cambiare argomento. Fortuna che ce ne ha ben presto fornito un altro: incaricata di lanciare un nuovo prodotto di una nota casa cosmetica sul mercato, lo presenta dicendo, seria,“questo non è un semplice rossetto, è una tinta per le labbra che va bene per tutti, dalla manager alla spogliarellista”.
A parte il fatto che ho qualche dubbio che Yves Saint Laurent sarebbe contento di vedere associati i propri rossetti ai pali della lap dance, è stato fantastico il commento del docente: “interessante, questo master…”.
Potrei scrivere un libro sulle persone e i personaggi che ho incontrato in questo percorso, ma insomma, il succo è che oltre ad avere imparato un sacco di cose, ad avere, a momenti, discusso, ad essere stata stravolta temendo di stramazzare al suolo, mi sono fondamentalmente divertita da morire e questo lo devo a chi ha condiviso con me questa avventura.
Non so se oggi davvero finirà il mondo, quel che è certo è che per me finisce un microcosmo, si chiude un capitolo, ne comincia un altro. Con alcuni ci perderemo, con altri credo (e spero) che l’amicizia continuerà. E se i Maya non hanno ragione, andremo avanti, ognuno col suo viaggio, ognuno diverso.
Correlati
Category:
Vita vissuta